La qualità del rendimento

Quantity vs Quality

Quali sono i criteri utilizzati per valutare il rendimento delle persone? Come si capisce se una persona è più meritevole di una promozione rispetto a un’altra, se si impegna di più, se è più interessata al proprio lavoro rispetto ai colleghi?

Molto, troppo spesso l’unico metro di giudizio considerato è puramente quantitativo, e corrisponde al numero di ore trascorse in ufficio a “lavorare”. E non importa se in quelle 10-11-12 ore, se ne sono trascorse un totale di 2 o 3 divise tra pausa caffè e pausa sigaretta, chiacchere sparse e controllo della propria posta personale e social network assortiti. Viene premiato chi esce per ultimo, chi manda le e-mail al sabato e alla domenica, chi alle 23 è ancora connesso e potenzialmente ricettivo verso nuove richieste, a cui risponde immancabilmente nel giro di massimo 5 minuti anche nel cuore della notte.

Perchè?! Sicuramente un indicatore quantitativo al 100% è molto più facile da gestire, valutare e controllare rispetto a entità più effimere, che sono sempre belle da nominare ma che poi sono difficili da mettere in pratica: performance, rendimento, e anche benessere.

Una risorsa dovrebbe essere valutata non solo per il lavoro che fa, ma anche per come lo fa: riteniamo che sia molto più promettente una persona che in 8 ore assolve a tutte le sue mansioni, con tranquillità e positività, rispetto a una che per completare la stessa quantità di compiti ce ne mette 11, ma sbuffando, soffiando, ripetendo quanto sia oberata di cose da fare…
Un altro punto importante sono proprio i due aggettivi usati prima: positività e tranquillità. E’ importante considerare sempre il benessere delle persone che lavorano con noi o per noi: sono felici di quello che fanno? Riescono a conciliare lavoro e famiglia in un modo che li soddisfa? Bilanciano il proprio impegno lavorativo con lo svago e l’attività fisica, oppure escono talmente tardi che la loro settimana è composta dalla sequenza colazione-ufficio-cena-letto?

Premiamo la qualità, per favore. E impariamo a valorizzarla, sia nei nostri collaboratori che con i nostri clienti e fornitori. Non pretendiamo risposte immediate, ma risposte corrette. Attribuiamo la corretta priorità alle cose, dentro e fuori dall’ufficio. Diamoci la possibilità di concentrarci: meno interruzioni, meno caffè e meno fumo di sicuro non ci faranno male, il che non si può certo dire del contrario.

E allontaniamoci dai nostalgici di E.R. con il cercapersone sempre in mano. Il Dottor Green era un figo, ma era il secolo scorso.

Urgente ma per iscritto

urgent

Siamo costantemente distratti dal fantasmino delle e-mail in arrivo che compare in basso a destra sui nostri monitor a un ritmo costante e inesorabile.
Siamo talmente assuefati dall’urgenza implicita delle e-mail su qualsiasi altra cosa che non riusciamo a resistere all’impulso di aprirla e leggerla, e non importa se in quel momento siamo in meeting, al telefono, impegnati in una conversazione, o se stiamo scrivendo un’altra e-mail (sic!) o un altro documento.

Questo atteggiamento ci fa distrarre continuamente, e il rimanere sempre all’erta, con la coda dell’occhio che perlustra l’angolo in basso a destra dello schermo in cerca di nuove e-mail, ci porta a non dedicare mai il 100% dell’attenzione al compito su cui stiamo lavorando. Siamo sempre divisi tra quello che stiamo facendo e la continua ricettività verso stimoli esterni. E in questo momento non sto parlando dei BlackBerry-holics, che meritano un discorso a parte.

Non solo. Siamo ormai in una fase nella quale interrompersi per leggere una e-mail quando stiamo parlando al telefono o faccia a faccia è considerato un dato di fatto, segno che il nostro interlocutore è una persona così impegnata da non potersi concentrare su una cosa per volta, e non più un atto di ineducazione.

Ma è davvero così?
Ci sono obiettivamente e-mail così urgenti da costringerci a mollare tutto? Tutte le e-mail che riceviamo hanno davvero bisogno di una risposta immediata e non possono aspettare la fine del nostro meeting, della nostra telefonata, della nostra conversazione? Oppure ci siamo talmente assuefatti alla nozione e-mail = risposta immediata da non riuscire più a dare la giusta importanza alle comunicazioni che riceviamo?

Davvero, non è sempre così tutto urgente. Se lo è, la cosa ideale e più immediata sarebbe una telefonata. Nel caso in cui invece la comunicazione arrivi via e-mail, l’urgenza va esplicitata, con il classico punto esclamativo rosso o anche solo scrivendo **URGENTE** nel subject.

Provate ad analizzare le e-mail che ricevete in una, due giornate (o anche in una settimana intera, se non vi fidate) e a capire quali sono quelle che davvero sono urgenti e hanno bisogno di una nostra risposta nel giro di pochi minuti.
Vedrete, ne sarete sorpresi.

Il distacco dal rumore di fondo

pooh

Tutti ne abbiamo uno in mente. Quel collega che è sempre oberato di lavoro, che corre di qua e di là senza sosta, che ha sempre i problemi più grandi del mondo e i progetti più importanti della storia, quello che ha sempre più cose da fare rispetto al tempo che ha a disposizione. Un po’ fenomeno di turno, un po’ catastrofista, un po’ tuttofare. Magari non sa delegare, magari è un po’ ansioso, fatto sta che sembra faccia sempre tutto lui.

La stessa cosa accade con i referenti Business. É il progetto dell’anno, il ROI atteso è più alto della storia aziendale, si porterà l’innovazione che cambierà la quotidianità di tutti gli operativi.
Queste persone sono come le api della vignetta: non lo fanno apposta, è la loro natura essere così ansiosi e rumorosi. Ma noi Project Manager siamo costantemente sottoposti al loro rumore e al panico e all’ansia che possono generare.

Noi Project Manager sappiamo che, fatti 10 i progetti seguiti in un anno (10? magari! casomai 10 alla N!), quelli veramente grossi sono un paio.
E ovviamente i referenti che sottolineano l’unicità, l’importanza, la grandezza del progetto sono al 90% quelli degli altri 8. Certo, ogni scarrafone è bello a mamma sua, ma il Project Manager deve mantenere distacco e obiettività di giudizio, sia sulle persone, che sui progetti.
Come fare a non farsi trascinare nel vortice dell’ansia e della pressione? I Project Manager sono creature innanzitutto razionali (sull’essere o meno creature sociali ne parleremo prossimamente), quindi appelliamoci il più possibile a facts and figures. Quanto vale realmente il progetto? Quali i reali risultati attesi? Chi è il committente? Quanto farà guadagnare e quanto risparmiare? Quanto costa in termini di ore lavorate?
Due conti, un bel respiro e tac! si riesce a distinguere subito il progetto chiavica da quello che fa tremare le vene ai polsi.

Attenzione però: tutti i progetti e tutti i Committenti devono essere trattati in modo equo dal Project Manager. Non ci sono buoni o cattivi, belli o sfigati, quelli che si meritano le risposte migliori e quelli che si sbolognano in 5 minuti.
La correttezza professionale viene prima di tutto. Il distacco razionale e l’oggettività devono servire proprio a questo: a non fare differenze tra il progettino standard trito e ritrito e quello di alta innovazione. Liberiamoci da ansie e paure e teniamo sempre gli occhi aperti: il progetto di routine gestito male ci si può rivoltare contro e ingoiarci quando meno ce lo aspettiamo.

Un Grazie è per sempre

Champagne

Cosa fa il Project Manager quando finisce un progetto?
Controlla sulla sua pianificazione quale sarà quello successivo, raccoglie le specifiche, stila l’analisi funzionale, assembla e si presenta al nuovo team di progetto, organizza il meeting di kick off e dà inizio ai lavori.

Cosa dovrebbe fare il Project Manager quando finisce un progetto?
Festeggiare il raggiungimento dell’obiettivo con le persone che sono state coinvolte, il team di progetto, il committente.

Dopo settimane o mesi di sudore lasciato sulle tastiere e sui tavoli delle sale riunione, non ci si può dimenticare che il golive del progetto è anche un momento per dare un riscontro positivo e una gratificazione sia a chi ci ha lavorato sia a chi ha richiesto lo sviluppo in questione.

Non è necessario un party colossale: sono sufficienti una mail di ringraziamento e un brindisi tutti insieme.
Se quello che viene rilasciato per esempio è un nuovo software, o un nuovo sito, o magari il piano di nuovi uffici, sicuramente saranno previste demo o presentazioni ai core users: perchè non coinvolgere anche gli sviluppatori? D’altronde, loro sono i veri esperti del sistema, e così come hanno raccolto tutte le critiche nel corso del progetto, è doveroso che ricevano anche i complimenti di coloro ai quali facilitano o semplificano la quotidianità.

Inoltre, molto spesso gli sviluppatori del caso (sia tecnici che fisici) rimangono nell’ombra nel corso della realizzazione del progetto, e non viene dato loro il giusto rilievo e la giusta importanza. Insomma, si è sempre molto pronti, purtroppo, a scaricare le colpe quando le cose non funzionano, ma non altrettanto a distribuire le lodi quando i traguardi vengono raggiunti. É giusto, poi, che anche il committente, che non ha mai avuto il contatto con il braccio operativo del progetto se non attraverso la membrana del Project Manager, conosca chi ha passato le notti a lavorare per lui!

E infine, è bene ricordarsi che si lavora molto meglio se circondati da persone con cui si è felici di stare. Sia in ufficio che, magari, anche fuori. Ma questo sarà l’argomento di un prossimo post!